The Shield, il fine (non) giustifica i mezzi

Introduzione

The Shield è una serie americana realizzata tra il 2002 e il 2008, composta di sette stagioni. La serie è disponibile interamente su Amazon Prime Video. Nel 2003 vince il Golden Globe come miglior serie televisiva dell’anno e a Michael Chiklis come miglior attore protagonista.

Trama

In un piccolo distretto americano il crimine imperversa, spesso impunito: giri di droga, prostituzione, regolamento privato di conti, furti con scasso e ogni genere di reato immaginabile; in uno scenario del genere la serie racconta le avventure all’interno del distretto di polizia cittadino, dove gli agenti cercano di fronteggiare le difficoltà di un luogo così pericoloso.

In particolare l’intreccio narrativo ruota attorno alle vicende della squadra speciale d’assalto, capitanata da Vic Mackey (interpretato da Michael Chiklis) che opera ai limiti della legge per far fronte al caos dilagante che affligge la città. Si ritroveranno spesso a dover scendere a patti con i fuorilegge e scendere a compromessi con la propria coscienza, con conseguenze spesso inaspettate.

La vicenda principale si lega ad una serie di sottotrame che risultano essere abbastanza interessanti da garantire alla serie una buona scorrevolezza in tutte le sette stagioni.

Personaggi

I personaggi sono caratterizzati bene attraverso i dialoghi, che ne portano alla luce il passato, i lati più oscuri, le simpatie e antipatie reciproche. Inoltre il drappello di forze dell’ordine presenta un’ampia varietà di archetipi umani: dal freddo e impulsivo Vic, all’introverso ma geniale Dutch, dalla coraggiosa e indipendente Claudette, all’insicuro Julien passando poi per Shane il quale dapprima molto succube di Vic, mostrerà la sua vera natura solo verso la fine della serie.

Ambientazione

La città in cui si svolgono i fatti è di fantasia, ma situata negli Stati Uniti, va a raccontare alcuni dei problemi più noti dietro la bandiera stelle e strisce, tra cui non mancano corruzione e tensioni razziali. La città è viva e pullula di criminalità; il tutto risulta estremamente credibile, l’atmosfera di degrado e di costante pericolo buca lo schermo e lascia lo spettatore in un continuo stato di allerta e attenzione.

Regia e Fotografia

La regia di The Shield è imprecisa, sporca e per questo fortemente caratteristica. I movimenti di macchina sono rapidi e spesso poco stabili, quasi a dare l’impressione di stare guardando un documentario girato con una camera a spalla.

All’interno del distretto di polizia la videocamera segue gli spostamenti dei personaggi con lunghi piani sequenza, c’è un frequente uso di zoom in e zoom out e un’inquadratura che segue i volti degli attori in modo talvolta frenetico.

La fotografia si fonde perfettamente con l’effetto appena descritto, i colori spesso sono bruciati e gli attori spesso non vengono messi subito a fuoco; questi elementi, che solitamente farebbero perdere punti all’opera, in questa serie risultano perfettamente assortiti in un complesso che fa della genuinità e del realismo uno dei suoi punti forti.

Riflessioni e Conclusione

Il tema centrale della serie è contenuto nella seguente domanda: è vero che il fine giustifica i mezzi? Si possono accettare azioni illegali, se esse sono necessarie a portare ad un bene superiore? La risposta di The Shield a questa domanda è categorica, anche se mai detta esplicitamente: un fine ritenuto nobile non giustifica mezzi scorretti per realizzarlo, i mezzi usati dalla squadra d’assalto, il più delle volte illegali, portano su una strada criminale.

Il fine col tempo non diventa altro che un espediente per sollevarsi dal peso morale delle azioni compiute (e quindi i mezzi utilizzati), ci si convince di star perseguendo un fine nobile quando in realtà si persegue solo il proprio. Inoltre le azioni scorrette che i protagonisti compiono, arrivano a produrre conseguenze terribili costringendo gli stessi ad infrazioni sempre più gravi. La corruzione del codice morale dell’arma porta con sé conseguenze spesso irreparabili.

In breve, non è la violenza ad estirpare il seme della criminalità, ma la giustizia, anche se (come la serie mostra) la prima ha, nell’immediato, conseguenze più efficaci e rapide. La risposta violenta nella lotta alla criminalità trascinerà coloro che la compiono in una spirale di crimini sempre maggiori che li renderà non migliori dei criminali a cui si erano prefissati di dare la caccia.

La serie alterna momenti divertenti a picchi estremamente drammatici, e il susseguirsi di colpi di scena (soprattutto verso il finale delle stagioni) tiene l’attenzione sempre alta. Oltre poi alla giustizia canonica, quella dello Stato, quella “ufficiale”, la serie ne propone un’altra: non importa quanto i protagonisti riescano a salvarsi dalle varie accuse che gli vengono rivolte. Le malefatte commesse gli si ritorceranno contro  macchiano loro la coscienza e facendo precipitare su di loro una serie di tragici eventi concatenati l’uno all’altro.

Una serie che riflette sull’abuso di potere, sull’iniquità della giustizia, la povertà, la criminalità, l’abuso di sostanze, la violenza sulle donne, l’omofobia, il razzismo, il Male e il modo migliore (e peggiore) per contrastarlo.

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Federico Manghesi
Federico Manghesi
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