Un gruppo di scienziati, del Wyss Center per la Bio e Neuroingegneria di Ginevra, guidati dal neuroscienziato Niels Birbaumer, hanno realizzato una cuffia di elettrodi in grado di “leggere” nella mente.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Plos Biology ed ha dato la possibilità a quattro pazienti, tre donne e un uomo di età compresa tra 24 e 76 anni, in fase terminale di SLA, di rispondere con un “si” o con un “no” a delle domande, tramite un’interfaccia cervello-computer.
Le persone prese in esame, affetti da Sla o in condizioni analoghe per altre patologie sono definite locked-in (“chiusi” dentro il proprio corpo): essi sono paralizzate o non in grado nemmeno di muovere gli occhi ma coscienti e in grado di ricevere ed elaborare segnali sia visivi che uditivi ma impossibilitati a comunicare con il mondo esterno.
I ricercatori e gli scienziati per molti anni hanno cercato di trovare un modo per migliorare la vita di queste persone senza però mai arrivare ad un risultato definitivo.
L‘interfaccia uomo-computer è in grado di tradurre segnali del cervello in risposte comprensibili. Sono state sottoposte delle domande personale la cui risposta prevedeva solo un “si” o un “no”, di alcune domande la risposta era conosciuta dai ricercatori come ad esempio “sei nato a Berlino” altre invece erano di tipo aperte ad esempio “sei felice”.
Nel frattempo che il paziente pensava alla risposta da dare il dispositivo misurava i cambiamenti sia dell’ossigenazione del sangue sia dell’attività elettrica del cervello, allenando il sistema ad interpretare il segnale come un “si” o un “no”.
È stata usata dagli scienziati l’interfaccia che si basa sulla “spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso”, che è in grado di catturare il pensiero del paziente decifrare e inviarlo al computer.
Questo studio è in grado di dimostrare che i pazienti sono ancora capaci di elaborare pensieri e di poter comunicare con l’esterno. Ne caso in cui questa tecnologia venisse concretizzata e gli stessi risultati si verificassero in più pazienti, la cuffia potrebbe davvero rendere migliore la quotidianità delle persone affette da malattie invalidanti.
Questo sistema di comunicazione ha una precisione del 75% e le domande sono state sottoposte varie volte per avere la certezza sulle risposte date dal paziente.
Il professor Niels Birbaumer spiega: «Tutti e quattro avevano accettato la ventilazione artificiale pur di continuare a vivere. A una persona normale certe condizioni appaiono intollerabili, ma anche un piccolo miglioramento della qualità di vita come quello di poter interagire con i familiari per queste persone costrette all’immobilità è vissuto in modo molto positivo. Per questo credo che se questa tecnica potrà essere sviluppata potrà avere un grande impatto sulla qualità della vita di questi pazienti»
Sarebbe una grande e rivoluzionaria conquista tecnologica in grado di migliorare almeno un po’ la comunicazione di tutte quelle persone impossibilitate a farlo a causa della malattia.