Il 27 luglio 2013 è stato inaugurato, a Trento, un nuovo prestigioso edificio, il Muse, disegnato dal noto architetto Renzo Piano.
Realizzato nell’ex area Michelin, il nuovo Museo della scienza si trova tra lo storico palazzo delle Albere e il nuovo quartiere residenziale progettato sempre da Rpbw, a pochi metri dal fiume Adige e separato dal centro storico a causa della ferrovia.
Attraverso strumenti studiati appositamente per tutte le età e per i diversi livelli culturali, il Muse descrive l’ambiente alpino in tutte le sue sfaccettature, soffermandosi su temi di interesse mondiale, come lo sviluppo sostenibile e la conservazione della natura. Il museo nasce, dunque, da un’attenta analisi del contesto in cui è stato collocato.
Spazi funzionali racchiusi nel Muse
Strutturato su 7 piani (5 in luce e 2 interrati), si estende su una superficie di 5000 metri quadrati. Di questi, 2.700 mq sono dedicati alle mostre permanenti, 780 mq alle esposizioni temporanee, 700 mq ad una serra tropicale, 100 mq ad uno spazio per bambini e 680 mq a mostre istantanee e a eventi culturali.
Scendendo più nel dettaglio, possiamo riunire le varie funzioni del Muse in cinque gruppi principali:
– funzioni pubbliche: ne fanno parte tutti quegli spazi accessibili al pubblico, ma non direttamente legati alla funzione museale espositiva. Tra questi c’è sicuramente la lobby di ingresso. Pensata come una sorta di piazza coperta, rappresenta il naturale prolungamento del principale asse pedonale pubblico del nuovo quartiere. Attraversandola, è possibile raggiungere lo spazio verde di fronte al Palazzo delle Albere.
Vi è poi la Biblioteca/Mediateca, situata al piano terra, la cui funzione è completata mediante uno spazio di deposito al livello -1. Altri spazi facenti parte di questo gruppo sono: la sala conferenze di 100 posti, con relativo spazio foyer al livello -1 e la caffetteria al piano terra, con affaccio diretto sulla lobby di ingresso;
– aree espositive: in questo gruppo vengono racchiusi tutti quegli spazi legati all’attività espositiva, dai veri e propri exhibit floors alle aule destinate ad attività didattiche di complemento alla visita. Gli spazi espositivi sono distribuiti dal livello -1 a quello +4. Dal quarto piano, scendendo gradualmente, i visitatori possono intraprendere un viaggio alla scoperta di ecosistemi e conformazioni geomorfologiche tipici delle Dolomiti, osservando le varie trasformazioni dovute all’uomo nel corso degli anni.
Si passa, quindi, da vette coperte da ghiaccio alla serra tropicale al piano interrato seguendo un percorso circolare che ricorda molto il Guggenheim di New York. Le gallerie, infatti, si affacciano su un vano centrale, un grande vuoto che abbraccia l’intera collezione esposta. Tutti gli allestimenti sono stati progettati secondo l’idea della “Zero Gravity” ovvero della sospensione di oggetti mediante cavi sottili di acciaio. Tutto è sospeso nello spazio ma anche nel tempo.
Dunque, gran parte delle esposizioni richiede il coinvolgimento del visitatore, a cominciare dal “labirinto della biodiversità”, la ricostruzione indoor di un sentiero di montagna con 26 ambienti interattivi che illustrano flora e fauna dei diversi habitat. Dopo gli animali in tassidermia al terzo piano si prosegue con la geologia, la storia mineraria e i rischi ambientali al secondo piano.
Al primo piano, invece, interamente dedicato all’evoluzione dell’uomo, troviamo la Time machine, una grotta multimediale al cui interno vengono rappresentate scene di vita preistorica. E, per finire, tra gli spazi che occupano il primo piano interrato, è possibile immergersi nella Eastern Arc, una grande serra tropicale al cui interno è possibile osservare forme e colori tipici delle catene montuose dell’Africa Tropicale Orientale, sentire il vero clima africano, vedere una moltitudine di fiori e piccoli animali e ascoltare il suono dirompente di una grande cascata.
– collezioni e ricerca: questo gruppo comprende tutte quelle unità ambientali che sono parte integrante dell’attività scientifico-culturale svolta all’interno del Museo. Si tratta di una serie di Laboratori divisi per specializzazioni, nonché di spazi per catalogare e conservare le varie collezioni.
– uffici: gli uffici sono interamente concentrati negli ultimi tre piani del corpo di fabbrica ad Est. In particolare, il livello +2 è riservato alle postazioni di lavoro legate all’attività di ricerca, mentre ai livelli +3 e +4 si concentra l’attività amministrativa e direzionale.
– magazzini e servizi: ne fanno parte gli spazi adibiti a contenere i materiali necessari per le mostre e tutti quegli ambienti attrezzati per la preparazione degli allestimenti. Questi spazi si trovano essenzialmente al livello -1 accanto all’area espositiva, al fine di assicurare una facile connessione in fase di preparazione delle mostre.
Ognuno di questi gruppi funzionali è dotato di percorsi e sistemi di risalita dedicati. In particolare, in riferimento al superamento delle barriere architettoniche, tutti i gruppi di funzioni sono dotati di uno o più ascensori di dimensioni congrue all’utilizzo da parte dei diversamente abili.
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Struttura, materiali e sostenibilità
I prospetti Nord e Sud sono ricoperti da verdello bocciardato, sostenuto meccanicamente da una sottostruttura metallica. Alle parti rivestite in pietra, si alternano le superfici vetrate. Il fronte Est presenta, invece, la cosiddetta facciata verde. Caratterizzato da una successione di montanti principali in legno lamellare, con passo di m 3.75 ogni campo, è ritmato da una struttura secondaria che dimezza il modulo.
Questa, con un sistema di mensole metalliche, sostiene, in corrispondenza di ogni marcapiano, dei vasi destinati a far crescere lungo la facciata specie rampicanti. Per finire, il fronte Ovest è caratterizzato dalla successione delle falde di copertura, con in primo piano quelle in vetro della serra tropicale. Le coperture sono in parte rifinite in zinco ed in parte in vetro trasparente.
Focalizziamo, ora, l’attenzione sulla sostenibilità, uno dei punti cruciali su cui ha puntato l’architetto. Grazie a questo, il Muse ha vinto “l’oro” della sostenibilità, ottenendo la certificazione LEED® NC 2.2 Gold, rilasciata dall’ente certificatore GBCI (Green Building Certification Institute) di Washington.
Come è stata pensata? Quali strategie sono state adottate? Vari studi sono stati effettuati a riguardo, dalla scelta dei materiali e alle modalità di gestione delle attività di costruzione, alla relazione con il contesto e con i servizi, dai percorsi pedonali al trasporto pubblico, senza escludere quelli per ridurre i consumi energetici ed idrici.
Ma scendiamo nei particolari. L’edificio presenta un sistema impiantistico centralizzato, meccanizzato che sfrutta diverse fonti di energia rinnovabili (in particolare quella solare, con l’uso di celle fotovoltaiche e pannelli solari, e la geotermica, con lo sfruttamento di sonde a scambio termico). Il sistema energetico è accompagnato da un’attenta ricerca progettuale sulle stratigrafie, sullo spessore e la tipologia dei coibenti, sui serramenti ed i sistemi di ombreggiatura, al fine di innalzare il più possibile le prestazioni energetiche dell’intera struttura.
L’illuminazione e la ventilazione naturale, in alcuni spazi, permettono la riduzione dei consumi e la realizzazione di ambienti più confortevoli. Il sistema impiantistico fa, inoltre, uso di accorgimenti che aumentano le forme di risparmio energetico, quali ad esempio la cisterna per il recupero delle acque meteoriche che permette una riduzione del 50% dell’utilizzo di acqua potabile. L’acqua raccolta nella vasca viene, poi, utilizzata per l’irrigazione della serra e per alimentare gli acquari e lo specchio d’acqua che circonda l’edificio.
Infine, per quanto riguarda i materiali, si sono preferiti quelli di provenienza locale (come il verdello) per limitare l’inquinamento dovuto al trasporto e quelli rapidamente rinnovabili come il legno impiegato per le parti strutturali e il bambù che è stato utilizzato per la pavimentazione delle zone espositive.
Il tempo necessario al bambù per raggiungere le dimensioni adatte per essere sezionato in listelli in forma di parquet è di circa 4 anni. Per un legno arboreo tradizionale di pari qualità di durezza, ad esempio il larice, ce ne vogliono almeno 40.
Dunque, in questo progetto, nulla è stato lasciato al caso. Il lavoro fatto da Renzo Piano e il suo team è stato accurato in ogni minimo particolare, dalla progettazione architettonica alla realizzazione, dai richiami storici allo studio dell’ambiente trentino, al risparmio energetico e alla sostenibilità.
innanzi tutto complimenti per l’ articolo, credo sia un bel posto da andare a visitare, portando anche i propri figli. ci vorrà una giornata intera per visitarlo tutto immagino.
Grazie mille, Mariarita 🙂 …è sicuramente un luogo dove c’è molto da imparare! 🙂