Non sapete cos’è lo schwa? Avete mai visto questo simbolo: ǝ? È un suono vocalico incluso nell’IPA (in italiano: Alfabeto Fonetico Internazionale), assente nella lingua italiana, ma molto usato, ad esempio, in quella inglese.
Dovete sapere che esiste un dibattito molto acceso intorno a questo segno grafico; sono sempre di più coloro che, in italiano, lo inseriscono in frasi come: Ciao a tuttǝ; e questo perché la lingua italiana è accusata di essere sessista e perciò discriminatoria nei confronti del genere femminile.
Quando dobbiamo riferirci ad una collettività eterogenea, in italiano utilizziamo il maschile plurale. Se nel nostro gruppo di conoscenze intime ci sono tre donne e un solo uomo, noi ci riferiamo a loro come “i nostri amici” e non come “le nostre amiche“, nonostante la rappresentanza maschile sia, in questo caso, decisamente inferiore.
Perché utilizziamo il maschile plurale?
Alcuni non riescono proprio ad accettare il fatto che, secondo la nostra grammatica, il maschile plurale si deve utilizzare sia per il genere maschile che per quello femminile. Si tratta di una semplice regola grammaticale che ci insegnano sin dalle scuole elementari, eppure il XXI secolo sembra essere destinato a rivoluzionare la nostra lingua, rendendola più inclusiva; e questo grazie ad un piccolo simbolo che, da solo, avrà il potere di mettere finalmente fine alle discriminazioni tra i generi: lo schwa ( ǝ ).
Se qualcuno di voi avverte un certo sarcasmo tra le righe, ha sicuramente intuito ciò che penso dello schwa. Ma procediamo per gradi.
Come si pronuncia lo schwa?
Lo schwa ha lo stesso suono della a di about. Esistono tantissimi video in cui potete ascoltare questo fono vocalico, e farvi qualche risata immaginando i vostri nonni mentre salutano voi, i vostri cugini e le vostre cugine con: ciao cucciolǝ nostrǝ. Io confesso che non sono in grado di pronunciare questo suono nelle parole italiane, a meno di non risultare ridicola; e ammetto anche che non lo farò mai per una questione di principio: dal mio umilissimo punto di vista, questo segno è tutto tranne che inclusivo.
Lo schwa è inclusivo?
Questo articolo non ha alcuna pretesa di validità scientifica. Nella vita mi occupo di letteratura, non di psicologia del linguaggio. Tuttavia, sono una donna e mi sento chiamata in causa perché, personalmente parlando, io non percepisco di essere discriminata dalla lingua italiana; semmai, mi sento vittima di sessismo da parte degli utenti che la parlano. E la differenza è ben evidente.
Possiamo discutere sul fatto che l’inglese, rispetto all’italiano, sia una lingua più inclusiva: in inglese si dice My friends, dove friends (“amici”) è un sostantivo plurale neutro perché si riferisce sia al genere maschile che a quello femminile. Possiamo però sostenere che nei paesi anglofoni il sessismo non rappresenti un problema, per il semplice fatto che la loro lingua sia percepita come meno discriminatoria rispetto all’italiano? Ne dubito.
Per me lo schwa non è inclusivo perché esclude tutti. Nella sua pretesa di inglobare tutti i generi (compresi i non-generi, cioè coloro che rifiutano di identificarsi categoricamente in maschio / femmina) non include nessuno. In una frase come:
Carǝ studentǝ, vi invito tuttǝ al ricevimento che si terrà domani in Aula Magna
chi sono questi studentǝ? Studentǝ è una parola che non esiste; non ha alcun referente. In sintesi, non indica niente e nessuno: è un mero segno linguistico privo di qualsiasi valore a livello semantico.
Lo schwa è una moda
L’utilizzo dello schwa, soprattutto tra i giovani, sta diventando sempre di più una mera moda; e quando qualcosa diventa solo una moda, cessa di essere veicolo di contenuti ideologici.
Il sessismo affonda le sue radici in una mentalità retrograda e in una cultura perversa. Combattere le discriminazioni di genere significa innanzitutto agire a livello di cultura. La lingua è un elemento della cultura, ma non può e non deve essere il terreno principale su cui ingaggiare battaglia.
Per me lo schwa è un contentino. Le donne non riescono a ottenere di essere pagate più degli uomini? Le donne non riescono a evitare di essere molestate, anche sul loro luogo di lavoro, dai loro stessi colleghi, per il semplice fatto di essere donne? Beh, no. Però, perlomeno, quando sono in gruppo in mezzo ad altri uomini, possono giovarsi del fatto che non si dirà più Buongiorno a tutti, bensì’ Buongiorno a tuttǝ.
Dal mio punto di vista, è davvero avvilente. Tante forze, tante energie, tanti slogan (per un linguaggio più inclusivo!), tante discussioni; persone che la prendono sul personale se non utilizzi lo schwa, come se fossimo tutti complici di un complotto ordito dai padri della lingua italiana . . . Ma nel concreto?
Carissim3 lettorǝ . . .
Carissimǝ lettorǝ . . . O forse dovrei scrivere: carissim3 lettor3 . . . Sì, perché la gente più seria utilizza ə per le desinenze singolari – carə amicə – e 3 (che poi sarebbe lo schwa lungo) per le desinenze plurali – car3 amic3; però, nei fatti, ognuno fa un po’ come gli pare e utilizza un simbolo piuttosto che l’altro in base all’ispirazione del momento. Altre volte li utilizzano entrambi, forse perché pensano di essere ancora più inclusivi. Alcuni, invece, raddoppiano la consonante prima della vocale, ad esempio: Ciao a tuttt. Non credo serva evidenziare quanto tutto ciò somigli più a una barzelletta che non a una presa di posizione ideologica.
Cari lettori e care lettrici – piuttosto che usare lo schwa preferisco aggiungere “care lettrici”, anche se è abbastanza inutile, data la presenza di “lettori”, ma vabbè – ammetto di aver usato una vena satirica dissacrante nello scrivere questo articolo, però sono sempre stata contraria a qualsiasi forma di fanatismo, incluso quello linguistico.
Il sessismo è un fenomeno grave, ingiustificabile, vile; e andrebbe combattuto con qualsiasi mezzo, anche utilizzando l’arma rappresentata dalla lingua, ma andrebbe fatto con buon senso. L’utilizzo dello schwa, per me, è privo di logica e nient’affatto inclusivo.
Penso che lo schwa sia un grande paradosso logico: per includere tutti, dobbiamo tutti escluderci; e non deve più rimanere nessuno. Io sono la prima a lottare in difesa dei diritti non solo delle donne, ma dell’umanità tutta. Ma in questo caso non mi unirò ad una battaglia che serve solo a spostare l’attenzione da quelli che sono i veri problemi che andrebbero risolti.
Se voi pensate che un simbolo, ormai divenuto più una moda che un mezzo di protesta, sia il punto di inizio di una serie di traguardi in direzione dell’abbattimento delle barriere tra i generi, siete sicuramente più ottimisti di me.
Se vi va, lasciatemi in un commento il vostro punto di vista. Perlomeno, la libertà d’espressione è qualcosa di cui possiamo (ancora) vantarci.
Moda passeggera spero… o tutto il mondo dovrà rivedere la propria grammatica e inserire un carattere in più nelle tastiere.