Il disco di Festo: un enigma millenario
Il mondo dell’archeologia è costellato di interrogativi irrisolti, testimonianze mute di un passato tanto affascinante quanto misterioso. Tra questi, spicca il disco di Festo, un reperto unico nel suo genere, scoperto nel cuore dell’antica Creta.
Un tesoro emerso dal passato
Il disco di Festo venne alla luce nel 1908, reperto archeologico rinvenuto nell’Isola di Creta, grazie ad una spedizione di archeologi italiani guidata da Luigi Pernier, durante gli scavi nel sito del palazzo minoico di Festo, vicino ad Agia Triada; in una Creta non ancora protetta dalle ingiurie del tempo. Questo reperto, datato intorno al 1700 a.C., è un disco di terracotta di circa 16 cm di diametro, recante un’iscrizione a spirale su entrambe le facce.
Un linguaggio indecifrato
Ciò che rende il disco di Festo un enigma è la sua scrittura, ancora oggi indecifrabile. I simboli incisi sulla sua superficie non somigliano ad alcun sistema di scrittura conosciuto, lasciando gli studiosi perplessi sul loro significato.
Un mistero che resiste al tempo
A distanza di oltre un secolo dalla sua scoperta, il disco di Festo continua a sfidare la nostra comprensione del passato. Che si tratti di un testo religioso, di un calendario astronomico o di un semplice gioco da tavolo, il suo messaggio rimane avvolto nel mistero, alimentando il fascino di questo reperto straordinario.
Cos’è il Disco di Festo

Il disco di Festo è un manufatto in terracotta di forma circolare, risalente all’Età del Bronzo, precisamente intorno al 1700 a.C. Il disco era adagiato sotto le mura di un antico edificio, probabilmente un tempio di epoca minoica.
Il reperto presenta incisioni su entrambe le facce, disposte a spirale. Si contano 242 segni, suddivisi in gruppi da linee verticali. I simboli, impressi sull’argilla prima che si asciugasse, raffigurano oggetti, animali e figure umane. Le figure sono state impresse con cura, ma non corrispondono a nessuna scrittura conosciuta.
Il disco ha un diametro di circa 16 cm e uno spessore di 16 mm. La sua funzione e il significato delle incisioni rimangono ancora oggi un mistero per gli studiosi.
Com’è stato scritto il disco di Festo
La realizzazione di questi sigilli era un vero e proprio atto di maestria artigiana. Il disegno veniva inciso su un ‘timbro’ che, premuto sull’argilla ancora malleabile, ne imprimeva la forma. Ogni simbolo richiedeva un timbro dedicato, permettendo di replicare il segno.
Sono presenti comunque 61 “parole” contando entrambi i lati. Quella più lunga è composta da sette segni, quella più corta da due e sembra che la scrittura abbia una direzione da sinistra verso destra.
La disposizione dei simboli segue un andamento a spirale, sviluppandosi dall’esterno verso l’interno in senso orario. La direzione di lettura, secondo l’ipotesi più accreditata, è da destra verso sinistra.
La scrittura si snodava dal cuore del disco verso l’esterno, come un enigma da svelare. Infine, il disco veniva affidato alle fiamme per assicurare la conservazione nel tempo e probabilmente per sigillarne il segreto.
Segni del Disco di Festo
I segni impressi nel disco di Festo sono 241, di cui alcuni riportati più volte, mentre 45 di essi sono unici. Sono divisi in piccoli gruppi, separati tra loro da delle linee. Vediamone qualcuno tra i più frequenti:
- testa piumata – un uomo con un elmo (19 volte)
- un elmo (18)
- scudo (17)
- pelle di animale (15)
- boomerang (12)
- gatto (11)
- platano (11)
- uomo che marcia (11)
- colonna (11)
- nave (7)
- clava (6)
- tonno (6)
Significato del disco di Festo
Gli studiosi hanno notato che alcuni segni risultano cancellati o sovrascritti, indicando una possibile revisione del testo originale.
Nonostante i numerosi tentativi di decifrazione, il significato del disco di Festo rimane avvolto nel mistero. Diverse ipotesi sono state formulate, spaziando da un possibile calendario o strumento astronomico, a un inno religioso o un documento amministrativo.
La teoria più accreditata lo identifica come un esempio di scrittura sillabica, dove ogni simbolo rappresenta una sillaba. Tuttavia, la brevità del testo e la mancanza di altri reperti simili rendono estremamente difficile l’interpretazione.
Il disco di Festo continua ad affascinare e stimolare la curiosità di studiosi e appassionati, rappresentando una delle sfide più intriganti nel campo dell’archeologia e della linguistica.