Atene contro Sparta: la Guerra del Peloponneso

Che cos’è la guerra del Peloponneso?

Cos’è la guerra del Peloponneso? Quali sono le cause dello scontro tra Atene e Sparta? Chi ha vinto la guerra del Peloponneso?

In questo articolo ti racconto brevemente tutto ciò che di essenziale c’è da sapere sulla guerra del Peloponneso, probabilmente uno dei combattimenti più celebri della storia greca.

Quando inizia e quando finisce la guerra del Peloponneso?

La guerra del Peloponneso comincia nel 431 a.C. e si conclude nel 404 a.C., protraendosi per ben ventisette anni! Le protagoniste di questo conflitto “mondiale” sono Atene e Sparta, le due più grandi potenze della Grecia dell’epoca, democratica l’una, oligarchica l’altra.

Convenzionalmente, per facilitare lo studio della guerra del Peloponneso, si è soliti dividerla in tre parti: la guerra archidamica (dal 431 al 421 a.C.); una fase intermedia (dal 421 al 413 a.C); la guerra deceleica o ionica (dal 413 al 404 a.C.).

La fonte più importante per l’analisi di questo argomento è sicuramente Tucidide, uno storico ateniese, autore di un’opera storiografica, La Guerra del Peloponneso, che ha permesso agli studiosi moderni di ricostruire gran parte delle vicende di questo scontro epocale.

Tucidide definisce questa guerra il più grande sconvolgimento che abbia interessato i Greci e una parte dei barbari e che si sia esteso, per così dire, alla maggior parte dell’umanità.

Dunque, seguiamo Tucidide e riviviamo insieme a lui le vicende che hanno segnato la Grecia della seconda metà del V secolo a.C.!

Quali sono le cause della guerra del Peloponneso?

Vediamo quali sono le cause della guerra del Peloponneso.

Tucidide attua una distinzione interessante tra le cause che lui definisce “dichiarate”, cioè quelle più immediate, che si riferiscono ai fattori contingenti del momento, e la causa “più vera”, quella più profonda, nascosta, che rappresenta l’autentico motore del conflitto.

Qual è questa causa “più vera”? Tucidide ce lo dice chiaramente: Atene stava diventando sempre più potente e, di conseguenza, Sparta ha iniziato a temerla. Gli ateniesi “costringono” gli spartani alla guerra; questo verbo, “costringere”, è interessante perché, da un certo punto di vista, spartisce egualmente la colpa tra Atene e Sparta: gli spartani hanno iniziato la guerra perché gli ateniesi non hanno dato loro altra scelta. La paura di Sparta è, dunque, la causa “più vera” di cui ci parla lo storico.

Quali sono, invece, le cause “dichiarate”? Sono tre e te le riassumo molto brevemente: innanzitutto, il conflitto tra Corinto (alleata di Sparta) e Corcira per quanto riguarda Epidamno, che vede l’intromissione di Atene, che prende le difese di Corcira; in secondo luogo, l’assedio della città di Potidea sempre da parte degli ateniesi (Potidea, inizialmente, si era alleata con Atene, entrando a far parte della lega delio-attica; quando però mostra l’intenzione di voler abbandonare l’alleanza, Atene le muove guerra); infine, il conflitto tra Atene e la città di Megera, a causa del quale la prima decide che, da quel momento, nessuna nave megerese sarebbe più potuta entrare nel porto di Atene né delle altre città sue alleate.

Insomma, Atene sembra diventare sempre più inarrestabile: è assetata di potere, vuole espandere il suo impero, si intromette in ogni contrasto, mostra delle aspirazioni egemoniche. Gli spartani la accusano di aver violato il trattato di pace trentennale stipulato nel 446 a.C. Si cercano inutilmente delle trattative. Sparta supera le sue indecisioni iniziali e si convince a dichiarare ufficialmente guerra ad Atene, invadendo l’Attica.

È la primavera del 431 a.C.: ha inizio la guerra del Peloponneso!

La guerra archidamica (431-421 a.C.)

La prima fase della guerra del Peloponneso prende il nome di “guerra archidamica”.

Possiamo definire quella del Peloponneso una guerra “mondiale” perché ha visto il coinvolgimento di tutte le poleis della Grecia antica.

Atene e Sparta: mare vs terra

Atene, a differenza di Sparta, ha il dominio sul mare. È una potenza marittima e dispone non solo di tante navi quante possono solo immaginarsele gli spartani e i loro alleati, ma anche di sofisticate tecniche di combattimento navale. Inoltre, rispetto a Sparta, Atene dispone di molto più denaro.

Sparta, da parte sua, ha il dominio sulla terra: gli opliti, i soldati spartani, hanno fama di essere imbattibili.

A capo di Atene troviamo Pericle. Pericle decide di sfruttare la superiorità navale degli ateniesi, evitando in tutti i modi di combattere gli spartani sulla terra, il loro elemento naturale.

Rimanendo sulle navi, gli ateniesi non avevano problemi a procurarsi gli approvvigionamenti e avrebbero talvolta potuto sbarcare di sorpresa, mettendo i nemici in difficoltà.

Con questa strategia, Pericle pensava di poter sfinire gli spartani, costringendoli ad abbandonare il conflitto.

Si trattava di una strategia vincente sul piano militare, meno su quello psicologico: gli spartani, sin dall’inizio della guerra, guidati dal re Archidamo (da qui il nome di guerra “archidamica”) hanno invaso l’Attica, distruggendo i campi di quegli ateniesi che, arrabbiati, avrebbero voluto affrontarli corpo a corpo, se non fosse che Pericle glielo impediva, consapevole di quanto gli opliti spartani fossero forti. Le invasioni spartane misero a dura prova i nervi degli ateniesi.

Vittorie, sconfitte e una pace temporanea

Nel 430 a.C. scoppia pure un’epidemia di peste: gli ateniesi sono ammassati dietro le Lunghe Mura che proteggevano Atene dagli attacchi esterni e in molti non sopravvivono alla malattia, che causa anche la morte dello stesso Pericle, nel 429 a.C.

Gli ateniesi reagiscono a questa perdita: si pongono sotto la guida di Cleone e passano all’attacco. Nel 425 a.C. una spedizione ateniese diretta in Sicilia, guidata da Demostene, glorioso generale ateniese, sbarca improvvisamente sulla piccola isola di Sfacteria, nel Peloponneso occidentale, cogliendo di sorpresa gli spartani: vengono catturati trecento spartani, tra i quali troviamo pure centoventi opliti.

Sparta non può sopportare la cattura dei suoi opliti, dato che questi ultimi iniziavano sempre di più a scarseggiare; dunque, cerca di chiudere la guerra. Ma Atene rifiuta, convinta di stare per vincere.

Il conflitto continua con alti e bassi per entrambe le rivali: nel 424 Atene viene battuta da Tebe a Delio; Sparta strappa agli ateniesi l’importante città di Anfipoli, nel Nord dell’Egeo, dove l’anno dopo muore Cleone, nel tentativo di riconquistare la polis perduta. A questo punto riaprono le trattative e nel 421 a.C. viene firmata la pace di Nicia, della durata di cinquant’anni, con cui si stipula l’alleanza tra Atene e Sparta, di fronte alla quale inorridiscono gli alleati degli spartani, a partire da Corinto, Tebe e Megara.

La fase intermedia (421-413 a.C.)

Analizziamo la fase intermedia della guerra del Peloponneso.

La pace non durò a lungo. Non solo gli spartani, ma anche molti ateniesi desideravano riprendere il conflitto; tra questi, Alcibiade, lontano parente di Pericle, favorevole ad una riapertura della guerra, pensava che Atene dovesse assumere l’egemonia del mondo greco, senza scendere a patti con nessuno. Alcibiade promuove un’alleanza tra Atene e Argo (nemica storica di Sparta) che però non ottiene gli effetti sperati perché nel 418 a.C., a Mantinea, sono gli spartani ad avere la meglio su di loro.

La disastrosa spedizione ateniese in Sicilia

Infuriato, Alcibiade convince gli ateniesi a effettuare una grande spedizione in Sicilia, che si rivela un disastro totale. Ci troviamo tra il 415 e il 413 a.C. Non è la prima volta che Atene organizza delle spedizioni in Sicilia e stipula alleanze con città dell’isola. La sua ambizione è quella di assumere il controllo del Mediterraneo occidentale.

Alcibiade trova una scusa per poter partire: Segesta, alleata di Atene, chiede aiuto contro la rivale Selinunte. Perfetto, gli ateniesi inviano un centinaio di navi in soccorso dell’alleata, comandate da Alcibiade, affiancato da Nicia e Lamaco, questi ultimi non proprio entusiasti di questa spedizione, per non dire proprio contrariati.

La notte prima della partenza accade però qualcosa di strano: vengono mutilate le statue di Hermes. Un sacrilegio! La colpa ricade su Alcibiade, al quale però non viene vietato di partire per la Sicilia, a patto però che poi ritorni ad Atene per sottoporsi al processo.

Alcibiade preferisce fare il coniglio e scappa. La spedizione rimane perciò nella mani di Nicia (Limaco muore presto), che non avrebbe mai voluto partire. L’obiettivo del viaggio è l’assedio della città di Siracusa, la più grande dell’isola: Nicia ci prova, in un primo momento ha persino la sensazione di potercela fare; ma presto Siracusa riceve l’aiuto degli spartani, guidati dal generale Gilippo. Atene invia settanta navi di aiuto a Nicia, guidate da Demostene; ma è tutto vano: la flotta ateniese viene sconfitta e Nicia e Demostene, insieme al resto dell’esercito, distrutti presso il fiume Assinaro, nell’estate del 413 a.C.

Molti ateniesi in questa occasione vengono uccisi, mentre tanti altri catturati e resi schiavi.

La guerra deceleica (413-404 a.C.)

Siamo giunti quasi alla fine della guerra del Peloponneso.

Le fasi finali della Guerra del Peloponneso vedono il ritorno in scena di Alcibiade che, da coniglio, diventa persino traditore: egli, infatti, dopo essere fuggito da Atene, trova il modo di raggiungere Sparta. E cosa fa lì? Consiglia agli spartani di inviare il generale Gilippo a Siracusa (colui che sconfiggerà, come abbiamo visto, Nicia e Demostene) e di occupare permanentemente l’Attica, stabilendosi nella fortezza di Decelea (da qui il nome di “guerra deceleica”).

Non solo. Quel coniglio e traditore di Alcibiade, successivamente, va in Asia Minore e, alla fine, convince i persiani ad aiutare Sparta. Ed è l’intervento dei persiani che mette fine alla guerra del Peloponneso: questi ultimi, infatti, forniscono agli spartani non solo aiuti militari, ma anche finanziari; e grazie al denaro persiano Sparta costruisce delle flotte potentissime, con le quali può finalmente combattere Atene e sconfiggerla sul mare.

La sconfitta di Atene: Sparta vincitrice

Ma non è finita qui. Sempre quel coniglio e traditore di Alcibiade riesce a rientrare ad Atene, facendo il doppio gioco con gli oligarchi prima e i democratici poi. Gli ateniesi ricostruiscono miracolosamente la loro flotta, riuscendo a sconfiggere, guidata da Alcibiade, quella spartana a Cizico, nel 410 a.C.

Alcibiade viene osannato, si monta la testa, a tal punto da rifiutare l’offerta di pace da parte di Sparta. Ma nel 407 a.C. subisce una piccolissima sconfitta nell’Egeo che gli costa non solo la cacciata da Atene ma anche la morte: egli, infatti, da traditore qual è, viene assassinato, a tradimento, dai suoi ex cari amici persiani.

Gli ateniesi, a questo punto, arrancano: nel 406 a.C. riescono a ottenere una vittoria presso le isole Arginuse, ma l’anno dopo vengono definitivamente sconfitti a Egospotami dagli spartani guidati da Lisandro, che approfitta del fatto che la flotta ateniese sia bloccata dalla bassa marea.

Nel 404 a.C. Lisandro entra ad Atene: Sparta ha vinto!

La guerra del Peloponneso si è conclusa!

Gli alleati degli spartani (in particolare, corinzi e tebani) vogliono distruggere completamente la città, ma Sparta decide di essere più magnanima perché Atene, all’epoca delle guerre persiane, aveva avuto un ruolo di prim’ordine nello sconfiggere i nemici. Alla fine si opta per: distruzione delle navi (tranne una decina), abbattimento delle mura, e sostituzione della democrazia con un’oligarchia.

Il resto è tutt’altra storia.

Conclusione

Spero di esserti stata utile e di essere riuscita a darti una spiegazione della guerra del Peloponneso, delle sue cause, degli eventi principali e dei suoi protagonisti.

La fonte principale che ho utilizzato per questa trattazione è il manuale Storia greca di Bettalli, D’Agata e Magnetto, edito dalla Carocci.

Alla prossima!

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Carotina Editor
Carotina Editor

Il mio mondo è costellato di letteratura, poesia e sogni. Per me la scrittura non è semplicemente un mezzo espressivo, ma qualcosa di più. Come quando si è stati da lungo tempo in apnea e allora si riemerge in superficie per ritornare a respirare. Ecco, la scrittura è quella forza che mi spinge in alto e mi libera i polmoni e la mente. Oltre a scrivere mi piace leggere: amo particolarmente i classici ottocenteschi francesi e russi. Ciò che scrivo ha la forma della prosa e la cadenza della poesia. Sarà che quando scrivo immagino un pianoforte che mi accompagni nella composizione. Sono attratta dalle cose semplici che ci circondano, a cui spesso si da poca importanza: il segreto è iniziare a osservare (e non semplicemente guardare) e auscultare (e non semplicemente ascoltare) ciò che ci sta attorno: osservare implica un'analisi interpretativa e auscultare implica un coinvolgimento emotivo-intellettuale; una specie di fusione panica con la natura e l'Universo. Per comprendere meglio il mondo bisogna innanzitutto riuscire a sentirsi parte di esso.
Dimenticavo: mi piace perdermi in voli pindarici talmente complessi che spesso persino io fatico a starmi dietro. Un flusso di pensieri che scorre come un fiume in piena.

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Un commento

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  1. ho studiato meglio qui che sul libro e dovrò fare un percorso che affrontera’ diverse guerre fino ad arrivare a questa russa-ukraina. Potresti fare anche qualcosa sulla guerra in vietnam?